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Necropoli di Poggio Pinci

La scoperta

La scoperta del sito avvenne nel 1957 in una zona tra Poggio Pinci e il podere Aia Vecchia. Le indagini iniziate in quegli anni e riprese poi tra il 1982 e il 1983 portarono alla luce nove tombe a camera, ciascuna con il proprio dromos, scavate nel banco di travertino tipico del sottosuolo della zona. Un'ulteriore tomba, la Tomba IX, venne identificata ma non scavata (Fig.51).

La necropoli

La necropoli fu utilizzata dalla fine del V secolo fino al I secolo a.C., attraversando la fase classico-ellenistica della cultura etrusca e arrivando al periodo tardo-repubblicano e del primo impero romano, quando il processo di romanizzazione del territorio ascianese era ormai completato. L'insediamento principale di riferimento sembra trovarsi sul vicino colle di Montalceto, anche se è confermata l'esistenza di un tessuto abitativo sparso che si estendeva dalle pendici di questa altura verso ovest.

Dal punto di vista topografico, alcune tombe si trovano nella parte meridionale della necropoli (Tombe II, III, IV e V), con dromoi orientati a sud, mentre altre (Tombe I, VI, VII, VIII e X) sono situate a nord-est e sembrano convergere verso uno spiazzo centrale. Le sepolture variano tipologicamente, comprendendo inumazioni, spesso su letti funebri, e incinerazioni.

Gli Hepni

La Tomba II, datata dalla fine del V al I secolo a.C., è la più antica e apparteneva alla famiglia degli Hepni, come indicato dalle numerose urne cinerarie rinvenute (28 in travertino, 3 in arenaria, e altre in materiale fittile). I reperti archeologici esposti nel Museo rappresentano una selezione dei corredi di sole cinque tombe, poiché le altre risultarono parzialmente o totalmente depredate al momento della scoperta. Purtroppo, altri oggetti furono rubati nel 1966, quando la collezione di Poggio Pinci era esposta nella chiesa di S. Bernardino ad Asciano. I manufatti ceramici ritrovati indicano l'esistenza di contatti commerciali con importanti città etrusche della regione, da cui provengono forme vascolari decorate a figure rosse (da Chiusi e Volterra), ceramiche a vernice nera (da Volterra e Arezzo), e ceramiche sigillate (da Arezzo).

Gli specchi

Dalle tombe II e IV provengono alcuni specchi in bronzo a disco circolare, con una superficie riflettente liscia e raffigurazioni incise sul retro.

  1. Uno degli specchi mostra tre personaggi in piedi, identificati da iscrizioni in etrusco all'interno di cartigli rettangolari (da sinistra: euntke, φamn, eurϑa). Al centro è rappresentato un giovane nudo, identificabile con Faone (Phaon), affiancato da due donne, di cui quella a sinistra è accompagnata da una cerbiatta. Questa opera è attribuibile a un'officina etrusca settentrionale, forse chiusina, attiva nel 330-320 a.C. (Tomba II).
  2. Un altro specchio è decorato con un cavallo al galoppo, incorniciato da foglie di alloro, un motivo isolato e insolito. Risale alla fine del IV secolo a.C. (Tomba II).
  3. In un altro specchio spicca la figura di Minerva alata, caratterizzata da un elmo, una tunica stretta in vita, uno scudo nel braccio sinistro e un fulmine nel destro. Questa opera è attribuibile al Maestro delle Lase, datata tra la fine del IV e la metà del III secolo a.C. (Tomba II).
  4. Uno specchio presenta i Dioscuri affrontati, vestiti con tuniche e calzari, con scudi appoggiati a terra e una lira al centro. Attribuito al Maestro dei Dioscuri, risale alla fine del IV - metà del III secolo a.C. (Tomba II).
  5. Infine, uno specchio mostra una figura femminile alata, nuda, che stringe un alabastron nella mano sinistra; nella parte inferiore è presente un fallo. Quest’opera è attribuibile al Maestro delle Lase, datata tra la fine del IV e la metà del III secolo a.C. (Tomba IV).

La ceramica a figure rosse di produzione volterrana

Nella tomba III sono stati ritrovati quattro importanti recipienti ceramici decorati a figure rosse, realizzati nelle officine di Volterra tra il IV e il III secolo a.C.

  1. Kelebe (seconda metà IV secolo a.C.)
    Questo pezzo, esposto all'inizio della sezione archeologica (SALA 18), è attribuito al cosiddetto "pittore di Asciano", un artigiano legato alla bottega del pittore di Hesione, il cui stile è stato identificato per la prima volta proprio in questo manufatto di Poggio Pinci, da cui deriva il suo nome. I caratteri distintivi si notano particolarmente nelle teste umane disegnate di scorcio, affiancate da due teste equine sui lati del collo. Sul corpo del vaso, sono rappresentate due figure umane, una donna e un giovane nudo che si guardano: il giovane, da un lato, impugna un tirso (bastone sormontato da un intreccio d’edera, simbolo dionisiaco) con la mano sinistra e un ventaglio con la destra; dall'altro lato, il giovane offre una corona alla donna.
  2. Kelebe (seconda metà IV secolo a.C.)
    Questo vaso è attribuibile alla bottega del pittore di Hesione. Il collo è decorato con losanghe e crocette centrali, mentre sul corpo sono raffigurati due pigmei nudi con caratteristiche diverse, uno su ciascun lato del vaso: un pigmeo impugna uno scudo con la sinistra e un tirso con la destra, mentre l'altro porta una lancia e uno scudo decorato con una testa di Acheloo.
  3. Kelebe (seconda metà IV - inizi III secolo a.C.)
    Attribuibile al cosiddetto "pittore della colonna tuscanica", un artista minore delle manifatture volterrane, questa kelebe presenta decorazioni con losanghe e crocette centrali sul collo e una colonna tuscanica affiancata da palmette su entrambi i lati del corpo.
  4. Stamnos (fine IV - inizi del III secolo a.C.)
    Per questo recipiente non è stato possibile identificare l'autore. È caratterizzato dalla presenza di una colonna ionica su entrambi i lati del corpo, mentre sulla sommità di una delle palmette laterali, che affiancano le colonne, è incisa un'iscrizione etrusca:melctrna.

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